Day 7: "Belgrado a due velocità"

Arriviamo a Belgrado verso le 20 di sera e non appena entriamo in città esclamiamo quasi all’unisono “sembra Milano!”. In effetti alcune strade sembrano la zona di San Babila con un sacco di negozi, palazzi in pietra chiara ed ampi viali di collegamento.

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Non appena arriviamo alla stazione dei bus la situazione cambia drasticamente. Il parco adiacente é diventato un improvvisato campo di accoglienza profughi siriani che cercano una via per l’Europa centrale.
Il degrado é però evidente: persone ammassate intorno agli alberi per sfruttarne l’ombra, una coperta per terra come casa, donne e bambini costretti a vivere nella sporcizia. Il tutto senza un’apparente gestione organizzata della situazione.
Non ho la più pallida idea di quanto debbano stare in quelle condizioni. Basta una pioggia per rendere quell’accampamento inagibile.
Non so se qualcuno si occupi di fornire dei pasti. Non sappiamo nulla insomma, però sembra che i passanti non ci facciano caso, indice che é da qualche tempo che la situazione persiste.

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Proseguiamo verso il nostro ostello e imbocchiamo una strada in salita.
Ci avviciniamo ad un incrocio e ci blocchiamo. Mi metto la mano tra i capelli e spalanco la bocca.
Davanti a noi due edifici distrutti da un bombardamento e lasciati in quelle condizione come monito per il futuro.
Non credevo potesse fare così effetto vederli dal vivo.
L’immagine é talmente forte da essere rumorosa, da riuscirne a sentire il boato che ha portato a ciò.

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Arriviamo in ostello. Doccia e taxi fino al lungo Danubio, dove mangiamo, tanto per cambiare, una grigliata di carne.

Stamattina optiamo per un tour guidato a piedi. Niente di più azzeccato.
Alla prima tappa la guida dice che non si può iniziare senza prima bere tutti un bicchiere di Rakia. Sono le 11 di mattina e ci sono 35 gradi almeno, ma rifiutare non é nemmeno concepito.
Il quartiere degli artisti é davvero piacevole e pieno di ristorantini tipici.

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Dovete immaginare Belgrado come una capitale benestante, vivace ed assolutamente non in miseria.
Ne abbiamo un’idea totalmente distorta.

Saliamo nella zona della fortezza e ci sediamo sotto l’ombra di un albero. La guida ci racconta di come quando lei era piccola e sua mamma facesse la coda di un’ora ogni mattina per prendere il pane ed il latte, di come l’elettricità fosse razionata o di come l’iperinflazione rendesse la moneta una pallina impazzita.
A riguardo si racconta di come si ordinasse il caffè ad un prezzo ed alla fine del caffè se ne dovesse pagare un altro.

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L’aneddoto più bello é però sicuramente quello sul ponte che collega il centro città alla parte nuova.
Era infatti l’obiettivo principale della Nato per piegare la città, ma un gruppo di civili inizió ad occuparlo cosicché non potesse essere bombardato a meno di fare una strage civile. Tale gruppo continuó ad aumentare tanto che il ponte divenne il punto più vivace della città, in cui bande di musicisti intrattenevano la folla perché “non si festeggiava per divertirsi, ma per sopravvivere”.

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Dall’altra parte del fiume c’è tutta la parte nuova di Belgrado. Nato nel periodo Social-comunista di Tito, rappresenta un ottimo spaccato di ideologia comunista: i palazzi costruìti con il seppur apprezzabile intento di fornire una casa decente ed egualitaria al maggior numero di persone, sono un pugno in un occhio, fatiscenti ed impersonali.
Valutare se fossero il meglio che il ceto medio-basso potesse avere all’epoca o se invece con maggiore libertà economica chiunque si potesse permettere di meglio, sarebbe interessantissimo, ma purtroppo non basterebbe di certo una pagina di blog.
Da buon medio-borghesotto italiano, mi tengo la mia libertà ed un’architettura un po’ più fantasiosa.

Finiamo il tour e soddisfatti torniamo in ostello perché alle 16.30 si aggiunge il settimo elemento della truppa: Leo, il fratello di Gaby.

Gironzoliamo ancora un po’ per Belgrado e terminiamo la giornata con una birra lungo il Danubio, in attesa del tramonto da fotografare.

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Quante cose che ci sono da raccontare su Belgrado. Se dovessi descriverla in poche righe la definirei una capitale storica, in cui si vive bene ed in cui si può andare in barca a vela nonostante non sia sul mare.

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