Day 2&3: "LA & LV"

Neanche il tempo di finire la mia bottiglietta d’acqua che è già tempo di ripartire. La nostra meta è il South West.

Arriviamo a LA, dove ad aspettarci c’è un amico di Paolo, Giuseppe fidanzato con una splendida ragazza americana di origini indiane, Suphia. Saremo suoi ospiti per la prossima notte.

Imbocchiamo una delle mille highway losangeline alla volta di Winnetka, un distretto a nord di LA. Il classico quartiere residenziale, fatto di villette a schiera tutte praticamente uguali, con garage, stradina di ingresso, giardino e l’immancabile buca delle lettere piantata nel terreno in vero stile USA.

La famiglia ci accoglie calorosamente e con una cena tipica indiana ( riso, pollo al curry e spezie varie) calda sul tavolo. Sono a Los Angeles, mi aspettano 18 giorni di vacanza, sto mangiando una cena indiana in una splendida famiglia indo-americana. “What else??”, penso.

E’ tardi, o forse nemmeno troppo, ma siamo davvero cotti da queste 24 ore di viaggio. Crolliamo col sorriso stampato sulle labbra, nei nostri letti.

Il mattino dopo la sveglia è presto. Le cose da fare sono molte e la giornata sarà infinita.

Colazione in vero stile americano. Uova, waffles con sciroppo d’acero e bacon. Tutto inusuale per noi, ma ottimo.
Il papà di Suphia ci racconta un po’ della vita americana, di quanto si debba lavorare per permettersi buone assicurazioni sanitarie e di quanto sia severa la polizia stradale. Cose così, di vita quotidiana.

Usciamo di casa per andare a cercare l’auto che ci guiderà per le prossime due settimane. Entriamo nel primo rent car che ci offre una decapottabile rossa un po’ malconcia, ma dall’indubbio fascino. La accendiamo e parte un fastidioso e fortissimo rumore proveniente dal motore. Spengo subito e vado a cercare il venditore. Mentre scendo dalla macchina noto che il fanale destro posteriore è pieno d’acqua, manco fosse un acquario. Direi di no, non sarà questa l’auto che ci accompagnerà per il South West.

Cambiamo venditore. Questa volta è quello giusto. Ci viene affidata una Wolkswagen Jetta, 2000 di cilindrata, cambio automatico, cruise control, nuova di pacca e molto spaziosa: perfetta.
E’ tempo di lasciare LA, ma ci torneremo.

La prima tappa è lo Zion Park, nello Utah, fermandosi però a dormire a Las Vegas per spezzare il lungo viaggio. Imbocchiamo la 10 e poi la 15. Guidare è uno spettacolo: le strade sono larghe e ben tenute, i limiti sensati ed i panorami sono mozzafiato.


Scopro che in California esiste una corsia sulla sinistra riservata alle auto che portano due passeggeri.

Ci fermiamo a fare benzina, pipì e a bere qualcosa. Attaccato al benzinaio c’è, stranamente, un Mc Donald’s. Ho abbastanza sete e chiedo un the, formato big, ma mi accorgo all’istante che il formato medium poteva bastare ed avanzare. Ciò che mi sta consegnando la commessa è un contenitore  di 2 litri circa.

Ripartiamo con la certezza che di sete, non moriremo.

Cala il buio e Paolo si addormenta. Io tiro giù il finestrino per non fare la stessa fine e continuo a guidare.
Dopo un’ora di deserto totale una chiazza gialla si apre davanti a noi: Las Vegas e le sue luci.

Entriamo in città e non credo ai miei occhi, mi sembra di essere in un sogno psichedelico. Tra la stanchezza e l’architettura della città creata con lo scopo di stupire anche l’uomo più pragmatico del mondo, faccio davvero fatica a comprendere cosa sia immaginazione e cosa sia realtà. E’ tardi però, non c’è tempo per perdersi nei meandri della perdizione. Dobbiamo trovare un posto per la notte.

Troviamo un motel. 50 dollari per notte la doppia. Lo dice l’insegna fuori scritta in rosso.
Paghiamo e prendiamo le chiavi. E’ il più classico dei motel americani, fatto ad L, su due piani, con l’ingresso da ballatoio.
La stanza puzza di fumo e ci sono gli scarafaggi sulle pareti. Però è tardi, siamo distrutti, la sveglia è tra poche ore e soprattutto mi sembra di essere in un film di Tarantino. Good night.

Leggi Day 1: “travel to…” 

Leggi Day 4: “lo zen di Zion Park”

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