Day 4: "Lo zen di Zion Park"

Ci risvegliamo ormai abituati all’odore penetrante di fumo, ma finalmente riposati.
Carichiamo la macchina e cerchiamo un posto per fare colazione. Un bar che faccia cappuccio e brioches potrebbe essere difficile da trovare a Las Vegas, per cui decidiamo di entrare in un minimarket e di comprare un po’ di roba anche per la giornata e per il lungo viaggio che ci attende. Varco la soglia e mi ritrovo in quello che potrebbe essere benissimo un discount di qualunque parte del mondo, con la differenza che ad ogni angolo ci sono roulettes e video poker. Sono le 9 di mattino di un giorno feriale ed una decina di persone è già ( o è ancora, se hanno fatto una tirata unica dalla notte precedente) incollata a queste macchinette, incurante di ciò che sta sperperando. Malattia.

Riprendiamo la Route 15, che collega LA a Salt Lake City, lasciandoci alle spalle la nostra fantastica stanza di Motel. La tappa di oggi è lo Zion Park, nello Utah.
Maciniamo chilometri dopo chilometri, fermandoci solo per fare benzina e pipì. Ed è proprio durante un momento di questi che per la seconda volta, incantandomi a fissare un cartello stradale, mi accorgo che sono nel posto in cui ho sempre sognato di essere. Non risvegliatemi!

Arriviamo nel primo pomeriggio e ci facciamo assalire dalla smania di vedere qualcosa. Imbocchiamo il primo sentiero che ci capita a tiro e seguiamo le indicazioni per “the watchman”.
Dopo una quarantina di minuti di cammino, il panorama che si presenta davanti a noi è maestoso e avvolto da un silenzio che vale la pena ascoltare.

Riscendiamo e notiamo che in mezzo allo Zion Park scorre un incantevole torrente color verde smeraldo, dall’andatura pacata e lambito da spiagge di sabbia bianca. Non resistiamo, via scarpe e maglietta. Un tuffo non ce lo toglie nessuno!
Disteso sulla sabbia, con l’acqua che mi rinfresca le gambe e il sole che mi asciuga il resto del corpo, incomincio a sentirmi in pace con me stesso. Non che prima non lo fossi eh, ma inizio a sospettare che lo Zion Park abbia un qualcosa di Zen.

Decidiamo di seguire il sentiero che costeggia il torrente.
E’ tardo pomeriggio e dopo un’oretta abbondante di camminata iniziamo a notare qualcosa di strano: la gente che cammina in direzione opposta a noi ha i vestiti completamente fradici. Proseguiamo incuriositi il nostro cammino.

Verso le 18.00 giungiamo in un piccolo spiazzo in cui sono accatastati una quarantina di bastoni di lunghezza più o meno simile. Giriamo lo sguardo e notiamo che il sentiero termina lì. Le pareti di roccia ai lati del torrente si stringono talmente tanto, da creare un canyon alto un quindicina di metri che non lascia spazio ad altri sentieri. Per proseguire da lì in avanti bisogna risalire il fiume! Ecco perchè la gente completamente bagnata ed i bastoni accatastati.

Eccitati come bambini iniziamo la risalita con il fondamentale aiuto dei bastoni presi in prestito. L’avanzamento non è particolarmente faticoso, ma ciò che rende unica l’esperienza è che il livello dell’acqua è variabile: da poche spanne, ad un metro e mezzo abbondante.
Non ci sono altre vie. Se vuoi andare avanti devi immergerti fino alle spalle.

Arriviamo ad una piccola spiaggetta in cui possiamo riposarci un attimo e goderci il posto.
Rimango incantato, quasi stregato da quel luogo. La luce del tramonto si infila delicatamente dentro il canyon creando un’atmosfera incredibile e dei colori pazzeschi. L’unico suono udibile è quello dell’acqua che scorre ed il sibilo del vento tra le rocce. Sono fradicio, ma la temperatura è ideale, nè freddo, nè caldo.
Non sento bisogno di altro se non di restare a godere di tutto ciò. Non ho fame, non ho sete, non sono stanco.
Lo Zion Park mi ha conquistato. Lui ed il suo Zen.


Putroppo è tardi. Dobbiamo scendere, tornare alla macchina e farci 200 chilometri di strada per giungere prima della notte a Page, in Arizona. La nostra prossima tappa.

Leggi Day 1: “travel to…” 

Leggi Day 5: “the man and the dam”

 

Tutte le foto dello Zion Park

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