Day 6&7: "I feel little..."

Tuba City è già alle nostre spalle. La prossima tappa è a poco più di 100 chilometri. pochi rispetto alle distanze percorse fino ad oggi quotidianamente.
Ci attende il Gran Canyon South Rim. Già il nome, di per sè, fa pensare a qualcosa di  imponente e maestoso, ma la realtà renderà ancor meglio l’idea.

Entrati nel parco, posteggiamo l’auto e facciamo due passi fino alla prima panoramic view. SBAM!
A bocca asciutta. Un’altra volta.

Tutte le foto del Gran Canyon South Rim

 

Ad un certo punto, finisce?” mi chiedo stupidamente.
Finirà pure, ma l’occhio umano non ne avrà mai la certezza. Mi sento piccolo.

Mi immagino chi, per la prima volta, è stato lì. Una carovana di pionieri alla conquista del Far West magari. Chissà. I viaggi mentali sono facilmente stimolati in questo contesto.
Fatto sta che quella che a me, ora, sembra una visione paradisiaca, probabilmente è stata per molti ciò che di più simile all’inferno abbiano visto. Rocce rosso fuoco, temperature vicine ai 40 gradi, vegetazione pressochè assente ed un corso d’acqua che sembra vicino, ma che in realtà è quasi irraggiungibile.
Termino il mio viaggio mentale col sorrisino sulle labbra, perchè un po’ mi sento pirla ad immaginarmi gli indiani ed i cow boys!

Una cosa di cui non ho ancora parlato è dei Rangers, ormai diventati ormai una vera e propria caratteristica dei Parchi Nazionali americani.  Sono vestiti esattamente come Ranger Smith nel cartone dell’orso Yoghi, con tanto di cappello tondeggiante in testa, ombrellino anti raggi UV e zainetto porta acqua con cannuccia annessa, tipo quello dei motociclisti. Già di per sè, la loro mise, strappa un sorriso. Ciò che però stupisce veramente, è la loro cordialità, la disponibilità nel colloquiare, nel darti informazioni utili o semplicemente nel chiederti come stai.

La cosa che ti frega del Gran Canyon è che in auto si arriva sulla cima dell’altopiano e ci si muove per tutta la lunghezza del parco tramite i trenini su rotaia, ma per visitarlo veramente bisogna avventurarsi in discesa tra i numerosi sentieri che partono dalle varie stazioni. Dall’alto verso il basso, a piedi ovviamente.
E la fregatura dov’è? La fregatura è che all’inizio si è presi dall’eccitazione e dalla voglia di scoprire questo fantastico luogo, non curanti che ad un’ora di discesa, corrispondono circa due ore di risalita.
Non è raro vedere turisti non proprio in forma, chiedere sfiancati un aiuto divino per tornare alle proprie auto ancora distanti qualche chilometro di camminata. Se l’aiuto divino spesso tarda ad arrivare, chi non tarda mai sono gli epici rangers che, in sella a un mulo, fanno da taxi ecologico per chi proprio non ce la fa.

A me, Paolo e Costantino fortunatamente piace camminare, il che ci permette di giungere in posti senza senso, circondati solo dalla natura.

 

La preoccupazione serale è che noi siamo in tre, ma la stanza prenotata è una doppia “king”. “Boh..Dormirò per terra. Ho dormito in macchina, la moquette mi sembra uno step migliore” penso salendo le scale dell’albergoEntro in stanza da letto ed un mobilio enorme, largo almeno 2 metri e mezzo e all’apparenza soffice, si presenta davanti a me: è il letto, il “king bed” per la precisione.
Ci addormentiamo comodamente in tre nello stesso letto senza nemmeno troppi patemi. Il Gran Canyon ci vuol far sentire piccoli anche di notte!

Ci alziamo abbastanza presto così da sfruttare in pieno la mattinata. Costantino decide di fare la gita organizzata in mulo, io e Paolo invece proviamo ad andare alla conquista del Colorado.
La nostra impresa diventa subito ardua, infatti i rangers ci avvisano che per arrivare al fiume ci vogliono 12-13 ore di camminata tra andata e ritorno. Impossibile purtroppo contando che alla sera dobbiamo essere a Las Vegas.

Ci avventuriamo lo stesso per un sentiero, nella speranza che sia il più bel sentiero di tutto il Gran Canyon. Non lo sapremo mai, ma non ci ha deluso.

 

Salutiamo l’immensità del Gran Canyon per tornare a Las Vegas. Durante il viaggio c’è tempo per una tappa alla Hoover Dam, il posto più caldo in cui sia mai stato: 45° senza un filo di vento. Da star male.

 

Torniamo in macchina e riprendiamo la via. Ormai la città del divertimento dista meno di un’ora e lì ci attende una grossa sorpresa. O meglio, Paolo ne ha organizzata una. Speriamo vada a buon fine.

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Leggi Day 8: “Surprise in Vegas”

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