Day 9&10: "Lost in Yosemite"

Si riparte. Sveglia presto per arrivare il prima possibile all’imbocco delle miriadi di passeggiate che partono dall’unica strada passante per il Parco.
Saliamo per una decina di minuti a passo d’uomo a causa del traffico, fino a che giungiamo in un pianoro che sembra estendersi per qualche chilometro. Tappa obbligatoria per il primo scatto di giornata.

(Tutte le foto dello Yoemite qui)
Meno di 24 ore fa sembrava di essere nel Sahara, mentre ora di essere nel bel mezzo della Svizzera. Pazzesco!

Arrivati all’imbocco di alcune passeggiate, ci rendiamo conto di essere abbastanza disorganizzati. La scelta di sentieri è vastissima e decidere se prendere uno o l’altro, non è così facile!
Optiamo per una passeggiata che dovrebbe portare a due laghi differenti: il primo, dista poco più di un chilometro, il secondo invece una decina.

Partiamo e dopo una ventina di minuti giungiamo già al primo lago, il Dog Lake.

Incantevole. La cosa che mi stupisce è che non ci sia praticamente nessuno, il che, mi permette di godermi al massimo quell’atmosfera di assoluto relax che questo lago offre.

Ripartiamo per il secondo lago. Come tutti i miei amici sanno, non sono in grado di camminare lentamente. Quando parto, parto.
Lascio quindi i miei amici alle mie spalle e mi fermo ad aspettarli ogni volta ci sia un bel posto da fotografare ed ammirare.

Dopo un’oretta abbondante di cammino, mi ritrovo in una radura incredibile. Fino a quel momento avevo camminato avvolto in una vegetazione montana fittissima, ma ora il paesaggio si apre davanti a me a 360°!

Per tutto il tragitto penso di non aver incontrato nessun essere umano. Dove sono finiti tutti i turisti che poche ore fa bloccavano con le loro macchina l’accesso allo Yosemite?
Decido di attendere Paolo, Costantino, Serena e Fabiana su una pietra piatta e soleggiata. Mi addormento.

Al mio risveglio, nulla. Nè i miei amici, nè altri turisti. Solo, in mezzo ad un posto incantato. Un misto tra i paesaggi di Heidi e quelli del Signore degli Anelli.
Decido di non attendere ancora, anche perchè è pomeriggio inoltrato. Il sentiero si ricaccia in mezzo alla vegetazione, talmente fitta che ha permesso alla neve di non sciogliersi nonostante siamo in piena Estate.
Dopo una decina di minuti di cammino, i cumuli di neve diventano sempre più frequenti e creano un doppio problema: coprono il sentiero nei tratti in cui sono presenti, lasciano una fanghiglia spessissima e acquitrini dove sono già sciolti.
Il sentiero è ormai un lontano ricordo. Decido di camminare in linea retta, così da riuscire a tornare indietro per la stessa strada senza troppe difficoltà.
Non vedo un’anima viva da più di due ore, sono immerso nella fanghiglia e la vegetazione è talmente fitta che non vedo il cielo.
Qualcosa mi impedisce però di fermarmi e tornare indietro.
Passo dopo passo trovo finalmente un cartello che indica la distanza mancante per il prossimo lago: più di 2 miglia.
Troppo. Ho perso il sentiero almeno due chilometri fa, la neve continua ad aumentare e il sole inizia a calare.
Sconsolato torno sui miei passi che fortunatamente sono rimasti ben impressi nella neve.

Arrivo all’imbocco della passeggiata chiedendomi come potessi fare per ritrovare la mia combriccola di amici. Niente di più semplice: me li ritrovo pochi metri più avanti, intenti a giocare a carte su una tavolo di legno utilizzato solitamente per i pic-nic. “Hello guys!”

Il secondo giorno lo dedichiamo alle numerosissime cascate che il parco offre.

Ce ne sono ovunque, di tutte le dimensioni, di tutte le altezza. Purtroppo non possiamo visitarle tutte. Il tempo stringe: entro domani dobbiamo essere di nuovo ad LA, c’è un matrimonio a cui Paolo deve partecipare.

Lascio il Parco con gli occhi pieni di immagini fantastiche e con in testa questo pezzo scritto su Facebook da Federico Danna, mio allenatore e “maestro zen”, anch’egli negli USA nello stesso periodo:
“ore 23.10, dal letto scrivo che anche oggi abbiamo visto posti splendidi. A Yosemite, il paesaggio è incredibile, però c’è davvero troppa gente,meglio stare nei dintorni, ad esempio il Glacier point è un posto impossibile da immaginare. Poi le sequoie giganti a Wawona, pazzesco. Però con tutti questi nomi di chiara origine indiana (dei nativi americani, intendo) sto sempre più pensando al triste destino che l’uomo bianco ha loro imposto a queste tribù. Vivevano in pace con il mondo, in posti magnifici, in simbiosi con la natura, poi sono arrivati i bianchi, prima per l’oro, poi per che ne so e li hanno spazzati via, uccisi, umiliati, relegati in riserve-prigioni. Questa sera il pensiero va a loro, alla loro cultura, al loro esempio di come si può vivere amando la propria terra.”

Leggi Day 1: “Travel to…”
Leggi Day 11&12 “A night in LA” 

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