I 3 principali errori in fase di start up

Ci sono tre errori particolarmente comuni che si tendono ad avere quando si lanciano nuove aziende ( le cosiddette start up, termine ormai inflazionato) o nuovi progetti.

Il primissimo errore -che però non contiamo nei tre, poichè troppo generico e scontato- è ritenere che per fare una start up basti una buona idea e un garage in cui iniziare a progettare con l’amico di infanzia.

A questa convinzione rispondiamo sempre che se così fosse, avremmo un mondo in cui gli inventori sono ricchi e gli imprenditori poveri. In realtà è l’esatto opposto.

Perchè? Ecco i 3 errori più comuni.

1) Avere un budget necessario solo per coprire il lancio del progetto.

Nella maggior parte dei casi la voglia di iniziare è talmente alta che una volta racimolati i quattrini per coprire le spese iniziali ( banalmente notaio, commercialista, sito internet ed eventualmente materiali per le prime produzioni) si ritenga che si possa partire, pianificando che gli steps successivi possano essere poi finanziati dai flussi di cassa derivanti dalle prime vendite.

Errore abbastanza grave.
Prima che i flussi di cassa permettano di avviare gli steps successivi, potrebbero passare mesi o anni, soprattutto se quei flussi di cassa devono anche dar da mangiare all’imprenditore.

Ed attendere mesi o anni per poter sviluppare correttamente un progetto, vuol dire nella maggior parte dei casi, far fallire il progetto.

Meglio quindi preventivare fin da principio un budget che possa sostenere anche le fasi successive al lancio.

2) Sottovalutare le economie di rete.

Per economia di rete si intende quella situazione in cui l’utilità che un consumatore percepisce da un determinato bene/servizio, è data dal numero di altri consumatori che utilizzano quello stesso bene/servizio.

Un esempio banale è What’s App: noi lo percepiamo come un servizio utilissimo e di qualità, perchè quasi la totalità dei nostri amici lo utilizza. Se nessuno dei nostri amici lo utilizzasse, per noi What’s App non avrebbe valore.

Per di più What’s App ha una tecnologia meno avanzata di alcuni suoi concorrenti, ma se domani un nuovo utente dovesse scegliere se scaricare What’s App o Telegram, sceglierebbe il primo proprio perchè ha una economia di rete decisamente maggiore.

Creare un’economia di rete è costosissimo, spesso molto di più che creare e sviluppare l’invenzione stessa.

Il secondo errore è proprio qui: investire molti soldi per creare un prodotto/servizio migliore di tutti, senza pianificare a dovere gli investimenti nella diffusione di questo prodotto/servizio pensando che tanto si diffonderà naturalmente poichè è più avanzato dei concorrenti.

3) Voler essere pionieri a tutti i costi.

Per pioniere intendiamo colui che vuole arrivare per primo a tutti i costi, anche a rischio di perdere qualcosa, perchè il timore è che arrivando secondo, il predecessore si prenda tutto il mercato.

Essere i pionieri costa tantissimo ed è rischioso!

 

  • Sei il primo a proporre qualcosa, quindi devi educare in consumatori e convincerli a provare qualcosa di nuovo;
  • Non potrai farti ispirare da nessuna idea dei concorrenti (poichè non esistono), ma il tuo progetto deve essere tutta farina ( e soprattutto $$$) del tuo sacco;
  • Non potrai valutare eventuali errori fatti da altri nel passato per evitarli, semplicemente perchè il passato, se sei pioniere, non esiste. Dovrai quindi fare molti più tentativi prima di trovare la strada giusta;

Questi sono solo alcuni dei vari motivi per cui essere un pioniere è una lavoro che forse è meglio lasciar fare solo alle grandissime imprese.

Tanto tranquillo che anche chi è pioniere non conquisterà mai il 100% del mercato mondiale.
Meglio quindi condividere oneri ed onori con la concorrenza e valutare bene se non valga la pena fare la parte del follower in alcune circostanze.

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Luca Murta G. Cardoso
luca.murta@gmail.com

Gioco a basket e sono appassionato di fotografia, viaggi e politica. Mi sono laureato in Economia indirizzo business management. A seguire ho eseguito un master in web marketing ed un corso in project management al Politecnico di Milano. Per sopravvivere, faccio quello che viene definito come "project manager" anche se è troppo altisonante come nome. In realtà mi diverto :)