Due opinioni sul referendum

Vi siete informati sul referendum costituzionale del 4 dicembre?
È importante farlo e se non avete ancora avuto tempo, vi consigliamo di farlo in questo articolo: “Quanto tempo hai per informarti sul referendum?”

Qui sotto potrete invece trovare due opinioni personali con due intenzioni di voto diverse.
Opinioni che, almeno per quanto riguarda la mia personale, è in continuo e costante aggiornamento e lo sarà fino al momento del voto.

Per il no

Sono assolutamente convinto che le principali tematiche che affronta la riforma necessitino di un profondo cambiamento. 

Ritengo opportuno ridurre il numero di Senatori (anche se la solfa della riduzione dei costi è fumo negli occhi) e trovo opportuno che questi rappresentino il più possibile i diversi territori italiani e le loro necessità.
Credo che se ad inizio mandato un Sindaco sappia di avere l’ulteriore compito di dover presenziare in Senato, purchè gravoso che sia, possa organizzare al meglio tale doppio mandato, rendendola un’opportunità per il territorio amministrato.

Ritengo altresì opportuno riaccentrare alcune materie in capo allo Stato (riforma Titolo V) evitando frammentazioni, duplicazioni ed aumenti di burocrazia per questioni che hanno interesse Nazionale ed in cui tale interesse, quello Nazionale, debba prevalere su quello regionale.

Ritengo infine opportuno snellire il processo di approvazione delle Leggi e non credo sia democraticamente sbagliato che il Partito che vinca le elezioni, possa avere poteri più ampi nell’ambito del proprio mandato anche se la legge elettorale attuale andrebbe cambiata quanto prima.

Tale riforma però mostra delle lacune di cui non posso non tenere conto e che ribaltano la mia posizione da favorevole per la sostanza di essa, a non favorevole a causa della forma.

Nella riforma del Senato mancano fattori importanti come il vincolo di mandato ( impedirebbe ai “Senatori regionali” di cambiare partito durante il mandato), nonchè uno strumento che permetta ai cittadini di scegliere chi siano i Sindaci o i Consiglieri degni di essere mandati in Senato (sceglie infatti il Consiglio Regionale). Si è inoltre mantenuta l’immunità per coloro che entreranno a far parte del Senato.

La fine del Bicameralismo perfetto, che a detta dei fautori della riforma dovrebbe finalmente evitare di perdere mesi e mesi di rimpalli di disegni di legge tra Camera e Senato, è stata messa nero su bianco in maniera tale che i Costituzionalisti italiani affermano che “ si passerebbe da due possibili procedure legislative a un numero non ancora ben individuato di procedure alternative (secondo alcuni 7, secondo altri 9, secondo altri ancora 10 o 11).”
A causa della forma quindi, la sostanza rischia troppo verosimilmente di essere peggio di quella attuale.

Nella stessa riforma del Titolo V, che ritengono di primaria importanza, permarrebbero dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni. Sempre per problemi di forma.
Il dibattito tra l’accentramento o il decentramento di determinate materie, è inoltre di per sè un dibattito mastodontico. Un argomento di tale portata da dover essere, a parer mio, affrontato in separata sede e non in un calderone unico come quello della riforma.

Riassumendo ritengo quindi la riforma apprezzabile per i contenuti politici (spezzo quindi una lancia in favore della Ministra Boschi che difatti si è mostrata sempre preparatissima ad ogni dibattito televisivo), ma molto, troppo lacunosa per come è scritta nero su bianco.
Siccome stiamo riformando la Costituzione e non un regolamento di condominio, non ritengo opportuno appoggiare una Riforma troppo perfettibile da questo punto di vista.

In altre parole se le scelte macroscopiche di questa riforma fossero state formalizzate in maniera adeguata ascoltando maggiormente i costituzionalisti italiani e se alcuni angoli fossero stati smussati dialogando con qualche oppositore propositivo che invece è stato messo in disparte, sarei un assoluto sostenitore del sì.
Ma ahimè così non è andata, perdendo una bella occasione per migliorare molti aspetti farraginosi del nostro Paese.

Per il si

Si o no? Scommettere sul cambiamento o rinviare per l’ennesima volta la possibilità di mettere mano alla Costituzione? Scelta ardua che impegnerà milioni di italiani il prossimo 4 Dicembre. Credo che sarà una “crocetta” apparentemente meno difficile rispetto alle elezioni politiche (non ci sono centinaia di simboli, nomi e cognomi, partiti da selezionare) ma molto più impegnativa dal punto di vista del significato.

 

La “Costituzione” per noi italiani dà sempre l’impressione di essere qualcosa di inarrivabile, di intoccabile, di sacro e i tentativi di modifica ad essa hanno rappresentato nel passato motivi di scontro, di lacerazione e scissione per molti governi. Il risultato: sempre un nulla di fatto, o quasi. Per questo motivo, da giovane speranzoso per il futuro della mia patria, nella valutazione di voto non posso non considerare, oltre alla sostanza attuale del referendum (“core” della scelta), la possibilità che approvandolo si possa avere una base consistente da cui partire e sulla quale poi effettuare ulteriori modifiche.

 

Le perplessità legate al voto non devono riguardare il fatto che il referendum sia stato proposto dall’attuale esecutivo, tantomeno dal fatto che inizialmente Renzi ne abbia dato un’impostazione personale, ma piuttosto possono essere oggetto di valutazione per quanto ne concerne il contenuto. I quesiti sui quali informarsi sono molti e di varia natura e ciò che limita la decisione può essere dovuto all’obbligo di risponderne a tutti con un’unica “x”.

 

Entrando nel merito della “questione referendaria” è assolutamente fondamentale superare il “bicameralismo perfetto” che da decenni impedisce una veloce approvazione delle leggi. Penso fosse uno strumento prioritario nell’ottica dei padri costituenti post Guerra Mondiale, credo oggi troppo macchinoso per consentire all’Italia di uscire da questo impasse economico. Vero è che ancora non appare del tutto chiaro il procedimento che porterà il “Senato dei 100” ad esprimersi sulle proposte di legge della Camera  tuttavia appare più che confortante l’opportunità di sperimentare un metodo dove sia solo una Camera ad esprimersi definitivamente su un qualsiasi provvedimento di legge  e a votare la fiducia all’esecutivo. Con il nuovo Senato inoltre cambiano i poteri decisionali tra Stato e Regioni in merito alle materie di competenza, diminuendo quelle spettanti alle Regioni in favore dello Stato. Passo decisivo per permettere agli enti regionali che per troppi anni hanno sperperato immense risorse, di concentrarsi su meno ambiti evitando situazioni di confusione e sprechi. Essendo inoltre il Senato composto da rappresentanti delle Regioni, si potrà impostare un nuovo tipo di dialogo tra i diversi componenti per facilitare i rapporti tra le varie Regioni stesse, cercando di uniformare anche l’entità economica dei contributi statali.

 

Molto interessanti infine sono gli argomenti che riguardano le indizioni di nuovi referendum, con la possibilità di poter sfruttare il nuovo strumento del referendum propositivo e le modifiche al quorum refendario necessario alla sua validità. Così come sensata è l’abolizione del Cnel, organo che dalla sua esistenza ben poco ha prodotto per continuare ad essere mantenuto  in vita.

 

In conclusione penso che aldilà del colore politico, aldilà dei pregiudizi legati alla costituzionalità o meno del referendum, non si possa evitare di pensare che realmente ci troviamo di fronte alla possibilità di imprimere una svolta verso lo svecchiamento del nostro Paese. Non giudico come interamente positivo il contenuto della proposta referendaria poichè sarebbe stato meglio affrontare meno argomenti e con più precisone tuttavia ritengo che la sua approvazione non pregiudichi poi la possibilità in un breve futuro di modificarne i contenuti che non dovessero funzionare come ipotizzato. Dunque la scommessa è relativa all’avere fiducia nelle istituzioni che guidano e guideranno il nostro Paese. Scommessa che forse presenta molti più rischi che certezze, dopo gli innumerevoli scandali e le immense polemiche che hanno caratterizzato la nostra recente politica. Sognare o arrendersi? Credo che la seconda ipotesi non sia mai appartenuta al nostro popolo, tanto meno a coloro che il loro futuro lo devono ancora disegnare…

Lorenzo Ceretto

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Luca Murta G. Cardoso
luca.murta@gmail.com

Gioco a basket e sono appassionato di fotografia, viaggi e politica. Mi sono laureato in Economia indirizzo business management. A seguire ho eseguito un master in web marketing ed un corso in project management al Politecnico di Milano. Per sopravvivere, faccio quello che viene definito come "project manager" anche se è troppo altisonante come nome. In realtà mi diverto :)