La crisi del 2008 spiegata attraverso orti e carote

A 10 anni di distanza subiamo ancora le nefaste conseguenze della crisi statunitense iniziata nel 2006 e culminata nel 2008.

E’ un evento storico di cui si parlerà nei libri di storia al pari dell’attacco alle Torri Gemelle, al fenomeno delle migrazioni o al problema del terrorismo.

Ma se di Osama Bin Laden conosciamo volto, usanze e capitolazione o se di immigrati parliamo a vanvera davanti al caffè con un conoscente, delle cause scatenanti della crisi economica, non sappiamo praticamente nulla.

Forse proprio perchè è un argomento talmente complesso da essere difficile trasformarlo in chiacchiera da bar.

 (le fonti dell’articolo le potete trovare al termine)

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Alan Greenspan

Fine anni ’90.

Gli USA sono una grossa isola felice in cui la maggior parte della popolazione ha un lavoro e una casa, che d’ora in poi, in questo articolo, diventerà un orto.

La situazione è talmente prospera ed il futuro così ottimistico che tutti vogliono avere l’orto un po’ più grande di quello che hanno attualmente.

La FED, la Banca Centrale Americana guidata da Alan Greenspan, tiene il costo del denaro bassissimo, promuovendo e stimolando così investimenti e prestiti.

L’ambiente legislativo e normativo è favorevole all’iniziativa privata grazie (o per colpa) allo spirito di forte deregulation proposto dal Presidente Bush.

PRIMI ANNI 2000

La famiglie sono sempre più gasate ed ottimiste sulla possibilità di avere un orto (che in realtà, ricordo,  è la casa) sempre più grande anche senza essere degli agricoltori esperti.

Le banche sono sempre più gasate ed ottimiste riguardo la possibilità di prestare soldi ad agricoltori non esperti e guadagnarci lo stesso un sacco di carote come interessi.

La situazione è talmente rosea che anche il pollice meno verde, riuscirebbe a tirar su abbastanza ortaggi da coprire gli interessi senza difficoltà.

Le banche iniziano così a prestare soldi anche ad agricoltori inesperti ed inaffidabili, chiedendo in cambio 15 carote al mese, piuttosto che le 10 classiche che chiedono ad agricoltori più affidabili.

Mettono inoltre una parte di tassi variabili, legati al costo del denaro che decide la FED (leggi sopra): se il costo del denaro rimane basso, le carote da pagare rimangono le stesse, se i tassi si alzano un po’, le carote da pagare come interessi saranno un po’ di più.

La situazione è talmente rosea e felice che anche chi non ha mai preso una zappa in mano, vuole farsi un orto.

Le banche, che conoscono il rischio di dare un orto ad un incompetente, fanno finta di nulla ed erogano prestiti senza stare troppo a badare alla bravura dell’agricoltore.

Le carote sono troppo buone. Perchè rischiare di stare senza?

Ecco. Questi prestiti dati ad agricoltori che non si sa nemmeno se siano capaci o meno, sono i famosi “mutui subprime” di cui sicuramente avrete sentito parlare.

 

2004-2006.

Le banche, volutamente distratte nel verificare la bravura dell’agricoltore, ma tutt’altro che sprovvedute, capiscono che da questi “mutui suprime” si possono guadagnare ancora più soldi “cartolarizzandoli“.

Come funziona?

Si prende una grossa scatola immaginaria e la si riempie di “mutui subprime”.
Si va da un investitore e gli si dice: in questa scatola ci sono 100 mutui suprime appartenenti a varie persone che a noi fruttano in tutto 150 carote al mese. Vuoi comprare un pezzo di scatola a 50 carote? Se te la compri ti diamo mensilmente una parte di carote che gli agricoltori ci danno come interessi.

In questo modo la banca si incassa subito 50 carote che diventano sue a prescindere che gli agricoltori falliscano o meno, ammortizzando quindi il rischio di un ecatombe nell’agricultura.

 

A fine 2006 si arriva ad un valore di questi scatoloni (detti propriamente ABS, assets backed security) pari a 2 mila e 700 miliardi di $.

Duemila e settecento miliardi di dollari di scommesse basate sulla capacità di agricoltori inesperti.

Le banche non sono ancora contente però.

Prendono gli scatoloni ABS, li spacchettano e li re-inscatolano in altre scatole che questa volta hanno il nome di CDO ( collateralized debt obbligation).

Questi scatoloni CDO non vengono però trattati direttamente dalle banche, troppo rischioso. Vengono fatti vendere da istituti terzi chiamati SIV (structured investment vehicle). In questo modo nei bilanci delle banche non appare nessuna operazione che riguarda scatoloni dalla dubbia affidabilità.

 

Ok. Non ci si capisce più niente. Siamo partiti da un cittadino non tanto affidabile che voleva comprare casa e ora siamo arrivati a parlare di SIV e scatoloni.

Era proprio questo l’obiettivo delle banche. Essere incompresibili.

 

Questi scatoloni subiscono talmente tanti passaggi di spacchettamento ed impacchettamento che nessuno sa più esattamente cosa ci sia dentro.

Il tutto, ricordiamo, è appeso alla speranza che l’agricoltore mediocre continui a produrre 15 carote grazie alla situazione economica favorevole.

La situazione è talmente incompresibile ed i gotha della finanza sono talmente accecati dalla possibilità di guadagno, che le agenzie di rating (coloro che dovrebbero giudicare imparzialmente l’affidabilità degli strumenti finanziari e degli investimenti) affibiano il voto massimo agli scatoloni di cui abbiamo appena parlato.

Capite? Scatoloni in cui nessuno ha chiaro cosa ci sia dentro ed il cui equilibrio è basato sulla capacità di una agricoltore di cui non si sa nulla, vengono giudicati come l’investimento più affidabile del mondo.

Qualcuno inizia ad accorgersi di queste anomalie: le compagnie assicurative.

Ghiotte anche loro di carote, utilizzano i CDS ( credit default swap) per fare una cosa molto semplice: creano una polizza che copra dal rischio di fallimento nel caso in cui gli agricoltori non siano più in grado di produrre abbastanza carote per coprire gli interessi.

In altre parole vanno dagli investitori e dicono: “abbiamo scoperto che negli scatoloni non si sa cosa ci sia e che gli agricoltori non sono poi tanto bravi come le agenzie di rating sostengono. A 50 carote ti vendiamo una polizza che nel caso in cui effettivamente questi agricoltori non siano in grado di saldare i debiti con le banche, tu ne guadagni 60. Ti va?”

Se il sistema fallisce, tu hai il sedere coperto insomma. Questo il concetto: scommettere contro il sistema.

Fine 2006 – inizio 2007

Il sistema inizia a scricchiolare. Non piove più come una volta ed al primo giorno di siccità gli agricoltori meno esperti perdono tutto il raccolto, il che significa insolvenza nei confronti delle banche. Quelle 15 carote mensili, diventano impossibili da coltivare per alcuni.

La FED inizia di conseguenza ad alzare i tassi del costo del denaro.

Vi ricordate all’inizio quando abbiamo detto che parte dei mutui sub-prime potevano essere a tasso variabile, legato al costo del denaro?

Ecco. Se il costo del denaro sale, l’agricoltore non deve più restituire 15 carote mensili alle banche, ma 17 o 18.

La siccità ed il tasso variabile che cresce rendono insostenibile la situazione di un numero sempre maggiore di agricoltori che diventano man mano tutti insolventi.

Per avere un’idea, nel 2006, il mercato dei mutui subprime (senza quindi contare gli scatoloni sovrastanti) si aggirava a circa 600 miliardi di $ e le famiglie a rischio insolvenza si attestavano a circa 2 milioni.

Gli agricoltori insolventi iniziano a cercare di vendere il proprio orto, ma nessuno ovviamente lo vuole: adesso c’è troppa siccità e troppe carote da dare mensilmente alle banche.

La corsa alla vendita degli orti fa di conseguenza crollare il valore degli orti stessi. Si svalutano. Scoppia la bolla immobiliare.

Di bolle immobiliari se ne vedono abbastanza ciclicamente e pur spiacevoli che siano, possono essere contenute e non degenerare, infestando negativamente tutta l’economia.

Qui però non siamo davanti ad una bolla immobiliare. Qui siamo di fronte ad un castello fatto di scatoloni ( ABS, CDO e CDS) dal valore di migliaia di miliardi di dollari, costruito su fondamenta di cartapesta.

 

Estate 2007

Il sistema inizia a sgretolarsi anche per i grossi colossi della finanza.

Le carote inizano a marciare dappertutto e con esse anche gli scatoloni che le contengono.

In giugno l’istituto Bear Stearns, importante operatore del settore dei mutui subprime, dichiara perdite a doppia cifra dei propri fondi sui mutui sub-prime.

E’ il primo dei grandi crolli.

2008

Sotto i colpi di carote ormai nauseabonde crollano imperi finanziari come Lehman Brothers e AIG ( il colosso assicurativo statunitense).

La seconda viene salvata dall’intervento del Governo, che coi i soldi dei contribuenti cerca di mettere una pezza agli irreparabili danni fatti dalla fame atavica di carote.

La prima viene lasciata al suo destino, travolta da 613 miliardi di debiti.

Gli effetti diretti sono vastissimi. Solo in Europa ci sono 6000 licenziamenti. Gli effetti indiretti però oltre che vastissimi sono catastrofici ed attuali.

Subiamo tutti i giorni sulla pelle le conseguenze dell’avidità dei mangiatori di carote, ma non conosciamo nessun loro volto, non conosciamo nulla di ciò che ha permesso loro di trasformare il diritto alla casa dei cittadini, in una finanza speculativa terroristica dove il profitto è stato fatto sulla pelle delle persone.
Non conosciamo “i mercati”, non sappiamo abbastanza su come le banche investono i nostri soldi, non sappiamo se chi ha causato tutto ciò stia effettivamente pagando.

Ed il mondo in cui s’ignora troppo, non è un bel mondo.

Postilla

Le banche, cosi come il mercato borsistico sono entità che nella loro anima più profonda, hanno scopi nobili.

Le prime ci permettono ormai da 500 anni di non dover nascondere i soldi sotto il materasso, di non dover andare in giro con tutti i nostri averi e soprattutto permettono di investire i nostri soldi in attività che altrimenti non verrebbero realizzate.

Permettono quindi ad altri di realizzare i propri sogni, purchè essi siano economicamente sostenibili.

La borsa permette a noi, piccoli investitori di Provincia, di mettere qualche soldo in una attività a 10000 km di distanza che ci sembra interessante e degna di essere sostenuto.

Se abbiamo occhio tale investimento ci permette magari inoltre di pagarci parte delle vacanze grazie agli interessi.

L’azienda a 10000 km di distanza, infine, potrà cresce e svilupparsi anche grazie al nostro apporto.

E’ tutto bello.

Nel principio.

Consiglio di lettura
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Luca Murta G. Cardoso
luca.murta@gmail.com

Gioco a basket e sono appassionato di fotografia, viaggi e politica. Mi sono laureato in Economia indirizzo business management. A seguire ho eseguito un master in web marketing ed un corso in project management al Politecnico di Milano. Per sopravvivere, faccio quello che viene definito come "project manager" anche se è troppo altisonante come nome. In realtà mi diverto :)