Elezioni 2013: la vittoria del packaging.

Che al supermercato il packaging conti ormai più del contenuto, non lo si scopre di certo ora. Che il valore che abbiamo in testa di un prodotto, derivi più da quello che ci dice la pubblicità, rispetto al reale valore del prodotto in sè, nemmeno. Normali dinamiche di un’era consumistica direi.
Mi girano le palle però, se lo stesso principio consumistico, viene applicato anche alla Politica.

A risultati ormai acquisiti la situazione è chiara: i Partiti che, a parer mio, hanno presentato contenuti di valore, hanno subito una sonante sconfitta. I Partiti che hanno basato TUTTO sulla comunicazione, hanno dominato la scena elettorale.

Partiamo dagli ultimi, coloro che hanno superato di gran lunga le attese: Pdl e M5S.
Erano i primi di Dicembre quando ridacchiando ho esclamato “cacchio ma proprio il giorno del mio compleanno devono fare le primarie PdL??”. Primarie a cui sarebbero andati a votare quattro gatti, tre cani e un unicorno.
Pochi giorni dopo l’annuncio di Berlusconi in cui diceva che i quattro gatti, i tre cani e l’unicorno, gli avevano espressamente chiesto di tornare a guidare il Paese.
Tra l’ilarità generale il buon Silvietto riparte.
Il programma elettorale è ovviamente al decimo posto di importanza nella sua testa. Tanto Silvio è ben a conoscenza di quanto lui sia il re della comunicazione televisiva ed è altrettanto ben a conoscenza di quanto l’elettorato italiano sia superficiale, facilmente influenzabile e poco incline ad approfondire le cose.
Le linee guida sono le solite. Semplici, ma comunicativamente parlando, geniali:
-quattro o cinque sparate politiche eclatanti per attirare i più ignoranti ( abolizione IMU e IRAP in primis);
-una sparata extrapolitica a settimana eclatante (l’uscita su Mussolini, Balotelli, il cane adottato e così via) per far sempre parlare di sè;
-più apparizioni televisive possibili. In TV tanto non lo batte nessuno. Nemmeno l’accoppiata Travaglio-Santoro che nel giro di due orette e mezza viene presa, rigirata, strapazzata e pubblicamente stuprata da colui che fino a due mesi prima era dato per morto e sepolto.
Tutti gli italiani che dal ’94 ad oggi lo hanno sostenuto, se lo ritrovano lì, “bello” ed in forma come non mai. Poco importa che il PPE, la Merkel, Obama, Floris in un faccia a faccia, l’Europa intera e quant’altro, cerchino di aprire gli occhi agli italiani. Berlusconi la sua battaglia l’ha già vinta: farsi ritrovare e ritrovare il proprio elettorato.

Il M5S, guidato dall’energico Grillo, conduce una campagna comunicativa pressochè perfetta. A tratti simile a quella del PdL, a tratti opposta. Simile per le sparate e per il riuscire a far parlare sempre di sè, opposta perchè i canali comunicativi scelti dal movimento, sono il web e le piazze italiane, mentre la tv è letteralmente bannata.
Nel web Grillo è il re, così come Berlusconi è il re della tv: sanno come comunicare, cosa comunicare, a chi comunicare, con che tempistiche e con che frequenze.  In campagna non sbagliano niente a riguardo.
Nelle piazze Grillo riesce ad infiammare le folle come nessun altro candidato riesce neanche lontanamente a fare. Urla, sbraita, coglie il sentimento della gente con grande empatia, trasforma la rabbia del popolo in parole, diventa il simbolo della negazione di ciò che è stato negli ultimi 20 anni ed ha il grande pregio di rendere capisaldi del proprio programma elettorale alcuni punti (spesso ininfluenti dal punto di vista economico) che stanno particolarmente a cuore agli italiani: riduzioni dei costi della politica, stop ai finanziamenti pubblici ai partiti, leggi anticorruzione e così via. Tutto ottimo e condivisibile fin qui. Poco importa però che spesso tra i punti proposti nel loro programma, non ci sia la spiegazione di come fare a reperire i fondi, poco importa che un referendum abrogativo sull’euro sia anticostituzionale e uno consultivo sarebbe deleterio anche solo da proporre, poco importa che il reddito di cittadinanza sia attuabile o tassando da altre parti (non basta di certo tagliare i costi della politica) o indebitandosi ancor di più. L’importante è comunicare bene.

Passiamo agli sconfitti. Coloro che ingenuamente pensavano che essere persone serie, con programmi seri (condivisibili o meno eh), bastasse per conquistare gli elettori.

Monti ha pagato lo scotto di non essere un politico. Si è buttato nella mischia prendendo mazzate da tutti. E’ passato dall’essere “il Professore” ad essere una checca isterica, indecisa, apparentemente solo capace ad andare a prendere consensi all’estero. Caro Mario, se il parere dell’estero fosse contato qualcosa nella testa dell’elettore medio  italiano, pensi che Berlusconi dopo 20 anni sarebbe ancora al 30%?
La Scelta Civica ha provato in pochi mesi a buttarsi su tutti i canali comunicativi, ma con scarsi risultati: i socials non sono di sicuro il canale ideale per un liberale conservatore settantenne ( non a caso Berlusconi non li ha praticamente considerati), ma era giusto provarci; la tv, come detto, è terra d’altri; le piazze invece si sarebbero probabilmente addormentate al secondo minuto di un qualunque discorso in tono montiano.
Campagna comunicativa difficile da impostare quindi, ma per me fortemente sbagliata. Fosse rimasto distaccato dalla becera guerra politica, cercando di portare gli avversari a sfidarlo nel proprio campo di battaglia ed al proprio livello (e non viceversa come ha fatto), avrebbe probabilmente perso meno consensi da Dicembre ad oggi.

L’altro sconfitto di destra è il Partito FARE. Un programma fortemente liberale e ben delineato, professori economisti alle spalle, giovani rampanti come appoggio, un leader carismatico a far da guida. Gli ingredienti per fare bene c’erano tutti, ma qualcosa è andato storto. Cosa?
-la scelta del leader, per me, sbagliata. Giannino sarà carismatico, bravo a parlare in pubblico e colto, ma non rappresenta assolutamente ciò che il partito vorrebbe rappresentare: una destra credibile anche fuori dai confini, completamente distaccata dalla figura di Berlusconi, onesta e liberale. Giannino è una figura egocentrica all’inverosimile, vestito peggio di uno scozzese ubriaco (l’abito non fa il monaco, ma che piaccia o no è un biglietto da visita), sconosciuto all’estero e non particolarmente trasparente (la storia dei master e dello Zecchino d’oro la conosciamo tutti). Zingales sarebbe stato più adatto, forse.
-Non è facile far parlare di sè, senza rischiare di tirarsi addosso più critiche che complimenti. Qualche iniziativa in più per attirare l’attenzione dell’elettore medio, andava probabilmente fatta però.
-Vengono chiamati “i grillini che hanno studiato”. Dai grillini però potrebbero imparare come riempire le piazze e come “sporcarsi” le mani.

Dulcis in fundo il PD. Ahimè. Su di loro avevo già scritto un articolo che di sicuro non inneggiava alla forza comunicativa di questo Partito.
Ora però si è raschiato il fondo.
-La scelta del leader:. Lo si è scelto con le Primarie, tanto di capello per il gesto democratico. Io però un comunicatore come Renzi me lo sarei portato appresso per tutta la campagna.
-I toni usati.  Pacati, ma quasi strafottenti, come se si fosse già vinto. Invece di dar tranquillità all’elettorato, Bersani è passato per un leader moscio e con poca verve, incapace di tirare fuori l’Italia da questo disastro. Un giaguaro con l’artrite insomma.
-I contenuti. Dalle primarie era uscito un centrosinistra forte, con degli ideali, con una campagna basata sui contenuti e soprattutto capace di far parlare di sè. Appena Grillo e Berlusconi hanno tirato fuori gli artigli, il PD è sparito dalla scena, incapace (esattamente come Monti) di mantenere alto il tono della battaglia e di proporre agli elettori i propri contenuti in modo innovativo ed interessante. Esattamente come era successo alle Primarie.
-L’uso dei canali comunicativi. Una macchina potente come il PD dovrebbe essere in grado di essere forte ovunque. Sui socials ( ma non solo) non ha sfruttato la potenza di Renzi, nelle piazze non è stato in grado (a parte qualche raro caso) di attirare le folle come il M5S nonostante abbia più elettori, in tv Bersani è apparso il leader descritto nel punto precedente.
-L’analisi della concorrenza. Il vero punto cruciale. Il PD ha sottovalutato completamente i due diretti avversari. Un’azienda che sottovaluta i principali concorrente, può prendere una pala ed iniziare a scavarsi la propria fossa.

Finita questa breve analisi vorrei però aggiungere che sarebbe bello, in un Paese civile come l’Italia, che alle elezione più importanti degli ultimi 50 anni, non fosse il packaging a contare, ma il contenuto. Utopia?

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Luca Murta G. Cardoso
luca.murta@gmail.com

Gioco a basket e sono appassionato di fotografia, viaggi e politica. Mi sono laureato in Economia indirizzo business management. A seguire ho eseguito un master in web marketing ed un corso in project management al Politecnico di Milano. Per sopravvivere, faccio quello che viene definito come "project manager" anche se è troppo altisonante come nome. In realtà mi diverto :)